Il così detto marine litter è costituito dall’insieme dei rifiuti dispersi in mare. La Comunità Europea, riconoscendo il rischio associato alla presenza del marine litter, lo include nellalista degli undici descrittori utilizzati dalla Marine Water Framework Directive (2008/56/EC) per definire la qualità ambientale dei nostri mari. È stato stimato che una percentuale variabile tra 50-80% del marine litter sia plastica. Sebbene questi materiali siano stati sempre ritenuti innocui, le plastiche disperse in mare possono rappresentare un reale rischio per gli esseri viventi. Infatti, oltre a esercitare un danno meccanico diretto, possono subire molteplici processi di degradazione che portano alla diminuzione delle loro dimensioni fino a diventare microscopiche e originare le microplastiche, le quali, piccolissime, sono ingerite e assorbite dagli organismi viventi esponendoli a potenziali rischi per la loro salute.
Bioscience Research Center è impegnato da anni nelle ricerche scientifiche sugli effetti ecologici della contaminazione da plastiche e microplastichenelle isole dell’Arcipelago delle Eolie. I diversi habitat marini a fondo duro presenti nell’Isola di Salina sono caratterizzati da un’elevata biodiversità e sono di grande rilievo ecologico. Sono presenti, infatti,numerose specie bentoniche protette da convenzioni o classificate dalla IUCN come vulnerabilicome, ad esempio, specie caratteristiche delle biocenosi a coralligeno come madrepore (Leptopsammia pruvoti) e gorgonie (Eunicella pruvoti). Sono numerose anche le oloturie (Holothuria sp.), specie bentoniche e detritivore attualmente protette in Italia.
Lo studio condotto dal centro ricerca, tuttora in corso di completamento, ha evidenziato Salina come una delle Isole dell’Arcipelago meno contaminata da microplastiche. Le analisi effettuate sui sedimenti e sui contenuti stomacali delle oloturie prelevati nei diversi habitat a fondo duro dell’isola, mostrano la presenza di microplastiche costituite prevalentemente da fibre e da frammenti di PVC, Nylon, PE, PP, PET sia nei sedimenti sia negli organismi bentonici.
La ricerca indica anche che, nonostante l’elevata qualità ambientale, gli habitat suddetti non sono tutelati da questo tipo di contaminazione che si rileva presente. Il livello di protezione che un’area marina protetta può esercitare nei confronti di questo tipo di contaminazione è, purtroppo, limitato. Tuttavia molte ricerche hanno dimostrato che l’apporto di microplastiche è principalmente dovuto a discariche costiere abusive, comportamento incivile della collettività, attività produttive e commerciali gestite in modo irresponsabile, apporti fluviali, scarichi domestici e scarichi degli impianti di depurazione.
Per la salvaguardia dell’ambiente è, pertanto, fondamentale attuare strategie politiche e gestionali che permettano di fare prevenzione a mare intervenendo a terra. È importante pianificare e attuare una riduzione dei carichi locali immessi direttamente e indirettamente in mare per determinare, nel tempo, minori livelli di esposizione per le specie che vivono in questi habitat.
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Monia Renzi – Bioscience Research Center