Piccola pesca sostenibile, a Salina i pescatori virtuosi si raccontano. Per fare rete.
Isole Eolie, Egadi, Punta Campanella, Torre Guaceto, Lyme Bay: sono tutte località accomunate dall’attenzione dei pescatori locali alla salute del mare e dei suoi abitanti, i pesci. Modelli virtuosi di pesca artigianale volta al recupero della risorsa ittica. Persone che lavorano ogni giorno seguendo un codice di condotta responsabile e che, lontano dai riflettori dell’attenzione pubblica, si impegnano a far rinascere il mare, ripopolarlo di vita, percorrendo una via alternativa a quella del sovrasfruttamento degli stock ittici. Una strada, quella della pesca responsabile, che si è dimostrata proficua dal punto di vista ambientale ma anche economicamente molto vantaggiosa per i pescatori che l’hanno imboccata. Un modello virtuoso che potrebbe essere esportato in tutto il Mediterraneo, e anche oltre. La cui esistenza è sicuramente facilitata dalla presenza di un’area marina protetta.
Piccola pesca sostenibile, l’evento a Salina
La piccola pesca sostenibile: modelli virtuosi per il recupero della risorsa ittica, questo il titolo dell’evento internazionale organizzato a Salina lo scorso 13 ottobre da Blue Marine Foundation e dall’Aeolian Islands Preservation Fund con il patrocinio dei comuni dell’isola e del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
“Il tema centrale di questo evento è la pesca responsabile. Gli interventi riporteranno testimonianze virtuose di pescatori che in modi diversi sono coinvolti in progetti in cui la pesca si sposa con la sostenibilità”, spiega Giulia Bernardi di Blue Marine Foundation. “Lo scopo di questo evento è lo scambio di esperienze, da cui trarre ricchezza e spunti di sviluppo e di riflessione. Crediamo fermamente che la piccola pesca, se fatta in modo responsabile, sia l’unico tipo di pesca sostenibile per la salute del mare e per dare all’uomo quello di cui necessita. La prima cosa che abbiamo fatto è stato aggregare i pescatori delle isole Eolie e incoraggiarli ad adottare un codice di buona condotta, totalmente volontario, in cui i pescatori, tenuto conto della loro economia, hanno deciso insieme di darsi piccoli limiti su alcuni attrezzi da pesca molto utilizzati nella pesca locale. E per incentivarli ad avvicinarsi a questo percorso di consapevolezza abbiamo fornito loro alcuni strumenti utili a migliorare la qualità del pescato”.
Non solo Eolie: altre esperienze di pesca sostenibile
Torre Guaceto
Sono una decina le barche da pesca professionale che possono operare all’interno dell’area marina protetta di Torre Guaceto, nell’alto Salento. All’interno della riserva, nata nel 2000, la pesca sostenibile segue regole che sono state condivise dalle istituzioni con i pescatori stessi, che tengono conto delle loro esigenze. Ad esempio sono stati i pescatori a chiedere di poter pescare all’interno dell’area marina protetta in zona C solo una volta a settimana e dotandosi di una rete con maglia minima da 30 millimetri. Una scelta coraggiosa e lungimirante che ha permesso loro, dopo 5 anni di stop totale alla pesca nella riserva per favorire il ripopolamento, di ottenere ora da quella pescata settimanale una redditività adeguata a quella auspicata, tenendo conto che negli altri giorni della settimana possono comunque andare a pescare al di fuori dell’area marina protetta.
“L’istituzione di una zona protetta dalla pesca, unita alle buone pratiche di pesca responsabile adottate dai pescatori di Torre Guaceto hanno fatto sì che la quantità e la taglia dei pesci siano aumentate tantissimo. E a trarne vantaggio sono anche le zone di pesca limitrofe all’area: non è raro che triglie da 1 kg vengano pescate anche al di fuori dell’area marina protetta”, spiega Claudio Longo, presidente della cooperativa Emma di Torre Guaceto. Una delle attività implementate dai pescatori è quella della rimozione delle cosiddette reti fantasma, reti a strascico che si sono accumulate nel tempo sui fondali e che, nonostante siano state dismesse, continuano a intrappolare pesci nel fondo del mare oltre che oscurare e coprire le rocce dove si rintanano i pesci. Il prossimo passo dei piccoli pescatori sarà quello della diversificazione dell’attività di pesca: si occuperanno anche di pescaturismo e ittiturismo.
Lyme Bay
In Inghilterra, a Lyme Bay i biologi lavorano da anni in sinergia con i pescatori locali ottenendo risultati molto interessanti. Da dieci anni a questa parte nell’area sono stati realizzati quattro porti che hanno generato un incremento delle attività. I pescatori della zona, non sapevano con chi confrontarsi per gestire il grande cambiamento avvenuto nella baia. Con l’arrivo di Blue Marine Foundation, i pescatori hanno trovato il modo di far valere le proprie esigenze e attraverso una serie di incontri con le organizzazioni che operano nell’area si è arrivati ad una migliore gestione delle attività generali della baia, compresa quella della piccola pesca.
Nel tempo ci sono stati vari confronti per capire come armonizzare il contesto locale dei pescatori con le attività che Blue Marine proponeva. Quello che è successo è un po’ quello che sta succedendo anche alle Eolie: si è iniziata a creare una struttura concreta intorno alla realtà della piccola pesca. Blue Marine ha sempre cercato di ascoltare, modellare e aggiustare il tiro in base a quello che i pescatori esprimevano e quello che oggi è successo a Lyme Bay è che la qualità del pescato è molto migliorata. Il codice di condotta responsabile sottoscritto dai pescatori locali ha permesso di migliorare la quantità e qualità del pesce.
Isole Egadi
Quella delle Egadi è una realtà simile alle Eolie. Storicamente alle Egadi operavano sia i pescatori locali sia tante altre flotte provenienti dal resto della Sicilia. Con l’istituzione dell’area marina protetta è nato un lavoro di costruzione e di collaborazione con gli operatori della pesca fino all’entrata in vigore del regolamento che disciplina tutte le attività che si svolgono all’interno dell’area, in cui si inseriscono pesca professionale e pesca ricreativa. “L’area marina protetta copre tutto l’arcipelago e si compone di quattro zone con differenti gradi di protezione: a seconda del livello di tutela si allargano un po’ di più le maglie delle attività che possono essere svolte”, spiega Ilaria Rinaudo, dello staff tecnico scientifico dell’Amp isole Egadi.
Alle Egadi operano circa una quarantina di barche, per la maggior parte appartenenti al segmento della piccola pesca, quindi con una lunghezza al di sotto dei 12 metri, ma oltre a queste possono pescare nell’area, previa autorizzazione, anche barche del compartimento marittimo di Trapani iscritte nel momento in cui il regolamento è entrato in vigore. “Non esiste tutela ambientale se non vi è una pesca sana e viceversa, l’obiettivo della sostenibilità è comune”, aggiunge Rinaudo. L’introduzione nell’area di regole per la pesca sostenibile è una cosa che all’inizio ha spaventato molto i pescatori. In realtà è stato possibile stilare un disciplinare integrativo complementare a quello ufficiale, così da rispondere alle esigenze dei piccoli pescatori. Ad esempio le reti monofilo non sarebbero state consentite dal regolamento ministeriale, tuttavia, riconoscendo che il pescatore artigianale delle Egadi ne aveva bisogno in particolari momenti dell’anno per la propria sussistenza e con oculatezza, si è fatto in modo di aprire una possibilità all’utilizzo di questo attrezzo confinandolo in determinati periodi e solo per determinate specie. Al termine di un lungo percorso, i pescatori hanno firmato un codice di condotta volontarioche, basandosi sulle regole della pesca artigianale, si è rivelato più restrittivo rispetto a quello della pesca sostenibile proposto dalle istituzioni. I pescatori si sono anche resi disponibili per monitorare in mare le specie protette, diventando “l’occhio delle istituzioni in mare”, rivela Ribaudo. Che spiega: “Abbiamo in corso un progetto sul marchio etico e sostenibile del pescato, in modo da dare un riconoscimento al pescatore e rendere riconoscibile come giusto, buono e sano il pesce delle Egadi sui banchi di vendita”. L’installazione di dissuasori antistrascico nelle acque dell’arcipelago, infine, ha eliminato il problema della pesca a strascico illegale sotto costa che era molto praticata nella zona. Il deterrente ha funzionato. E ora è tornata anche la foca monaca.
Il ruolo di Blue Marine Foundation
Blue Marine Foundation è una charity inglese che si occupa di promuovere il ripopolamento ittico in tutto il mondo attraverso la promozione di aree marine protette e incoraggiando la piccola pesca responsabile. Quello delle isole Eolie è l’unico arcipelago italiano sprovvisto di un regime di protezione. Questo lo rende particolarmente vulnerabile a una serie di problematiche che si riscontrano anche in altri territori: ad esempio l’invasione delle flotte limitrofe che vanno a minare l’economia locale della piccola pesca.
Le Eolie sono sette isole, l’arcipelago più grande d’Italia, con una superficie molto estesa. L’eventuale istituzione di un’area marina protetta nella zona richiederebbe molto impegno per la sua buona gestione: il coinvolgimento di tutte le categorie sensibili del mare, in prima linea i pescatori che devono essere parte attiva, ma anche le realtà che dovrebbero occuparsi di controllare l’area. Questi sono elementi fondamentali affinché un’area marina protetta abbia successo. Quello che fa Blue Marine Foundation attualmente, in assenza di un regime di protezione, è sostenere e rappresentare la piccola pesca.
“In particolare abbiamo creato un gruppo attivo di piccoli pescatori artigianali nelle isole di Salina e di Stromboli promuovendo un codice di condotta di pesca responsabile. Un protocollo d’intesa in cui tutti i partecipanti in maniera del tutto volontaria hanno deciso di limitare alcuni attrezzi da pesca in linea con le loro possibilità economiche perché stanno prendendo coscienza che la soluzione del problema, la penuria di pesce, può partire da un’autoconsapevolezza e una gestione individuale del problema. Ovviamente questo non risolve il problema su larga scala, visto che l’intero arcipelago è sofferente e c’è il problema delle grandi flotte che continuano a pescare senza limiti, però è sicuramente un primo passo per preparare il territorio a un eventuale regime di protezione e a qualunque possibile cambiamento sul territorio. Non avere alle Eolie, che tra l’altro sono patrimonio Unesco, un’area marina protetta vuol dire privarsi di una serie di possibilità per lo sviluppo del territorio”, spiega Giulia Bernardi coordinatore locale di Blue Marine Foundation. “L’idea della nascita di un’area marina protetta”, conclude Bernardi “ desta sempre un comprensibile scetticismo e una certa paura da parte dei pescatori, il cui primo pensiero è ‘non posso più pescare’; in realtà la riserva è uno strumento usufruibile da chi vive il territorio. Sia per i turisti che fanno il giro dell’isola sia per chi va a pescare. In questo modo l’area marina protetta diventa una risorsa preziosa per lo sviluppo dell’economia locale, per risollevare i livelli degli stock ittici e contemporaneamente proteggere molti habitat naturali ricchi di biodiversità ma fragili e vulnerabili”.
Cos’è l’Aeolian Islands Preservation Fund
L’Aeolian Island Preservation Fund nasce dall’unione di due ambientalisti, l’inglese Ben Goldismith che nutre una spiccata passione per le isole e finanzia una serie di fondazioni in giro per il mondo per tutelarle, e Luca Del Bono, imprenditore originario di Lipari. Insieme i due hanno riunito una serie di persone con un forte amore per le isole Eolie, che le vivono e che hanno interesse a proteggerle e a portare avanti progetti di sostenibilità, che privatamente finanziano il fondo. “L’Aipf è un fondo di benefattori da tutto il mondo che sta cercando di preservare l’arcipelago delle Eolie. Cerchiamo di coinvolgere sia organizzazioni internazionali che locali per portare avanti una serie di progetti cofinanziando iniziative e creando una rete sul territorio che veda coinvolte le realtà locali, dalle associazioni fino ai pescatori.
Fra questi progetti c’è quello di oggi: un evento che riunisce pescatori sostenibili provenienti da tutta Italia ma anche dall’estero che raccontano le loro esperienze per fare rete e per stimolare altre realtà”, spiega Ambra Messina, coordinatore di Aipf. Gli obiettivi del fondo sono turismo sostenibile, tutela del mare, tutela del paesaggio e raccontare le Eolie sotto un’altra luce, mostrare quanto queste isole abbiano da offrire dal punto di vista naturalistico. Aipf intende anche creare un network di persone che comunichino fra loro e si confrontino sull’ipotetica futura creazione di un’area marina protetta delle isole Eolie. L’iter istitutivo presso il Ministero è già partito e si attendono sviluppi.
Il supporto delle istituzioni
“Il progetto delle fondazioni parla di futuro e di sostenibilità e abbiamo deciso di credere al progetto patrocinando l’iniziativa. Ci aspettiamo che voi pescatori siate coraggiosi. Il più grande successo è che siate tutti qui oggi”, ha dichiarato Marco Miuccio, Comandante Guardia Costiera – Delegazione di spiaggia di Salina. Alfonso Milano, Direttore del Dipartimento della pesca mediterranea alla Regione ha parlato delle future prospettive di collaborazione tra regione Sicilia e pesca eoliana, mentre Sandro Pappalardo, Assessore regionale del turismo, ha voluto mandare un messaggio a sostegno del lavoro dell’Aeolian Islands Preservation Fund e delle organizzazioni coinvolte: “La vostra mission è interessante ma particolarmente difficoltosa e il vostro impegno rende onore alle conquiste fin qui ottenute e a quelle ancora da ottenere. Combattere la pesca eccessiva e la distruzione della biodiversità con la creazione di riserve marine e di modelli di pesca sostenibile, non devono passare inosservati. Le idee e le azioni messe in atto dalle vostre istituzioni saranno sostenute dalla nostra Regione e dall’Assessorato del turismo in particolare”.